Daniele

Lavorava a tempo indeterminato, si era guadagnato il lavoro dopo un lungo stage, non è stato facile, e molti gli dicevano: “wow un indeterminato di questi tempi è una fortuna! Non puoi mollarlo!” Ma lui tornava a casa la sera con le voci dei colleghi che gli ronzavano nelle orecchie e il ragliare del titolare che lo infastidiva. Continuava a ripetersi che meritava qualche cosa di più dalla vita.

Quando si alzava la mattina pensava sempre di mollare, ma doveva tenere duro. “Non puoi mollarlo!

Nel cervello regnava la confusione: “sono sicuro di voler invecchiare in questo lavoro? È vero che non valgo abbastanza per il mio titolare? Dovrei preoccuparmi dei pettegolezzi delle mie colleghe? E magari che so: “andare in palestra o rifarmi le sopracciglia?”. Ho il diritto di sentirmi importante e sereno? Cos’ho sbagliato? Perché quelli sono sempre nervosi? Sono sicuro di essere imprigionato in questo indeterminato per tutta la vita?”

Al primo incontro Daniele mi raccontò di quello che stava pensando e che il suo pensiero l’offuscava. Allora abbiamo fatto un patto: io avrei seguito il suo caso solo se lui avesse portato a termine le mansioni, che gli davo (mansioni che avrebbero potuto impegnare anche il triplo del tempo che passava con me).

Al secondo incontro abbiamo strutturato il suo tempo: oltre all’orario tradizionale di lavoro, 2 ore di attività la settimana per rilassare il corpo, staccare la mente e dare una via di uscita alla rabbia, più circa 2 ore di attività in relazione a persone che avrebbero potuto farlo sentire bene.

Dal terzo incontro il suo cervello aveva ripreso a funzionare. Poteva capire meglio come stava e come desiderava stare. Quel lavoro non gli piaceva ed era sicuro di poterne meritare un altro, che gli piacesse;ma temeva a mollarlo, “se poi non trovo niente?

Il quarto incontro abbiamo progettato 10 possibilità per il suo futuro.

Il quinto incontro ne abbiamo scelte 2, se fosse andata bene avrebbe lasciato il vecchio lavoro per tenere il nuovo che gli dava le stesse sicurezze, ma lo faceva anche sentire bene; altrimenti avrebbe tenuto il suo vecchio lavoro.

Questo periodo è durato un paio di settimane. All’ultimo incontro mi ha guardato sorridendo, mi ha stretto la mano e mi ha detto: “ok, so dove voglio andare e so di potercela fare”. Mi ha ringraziato e, abbracciandomi, mi ha promesso che appena sarebbe arrivato, mi avrebbe dato notizie.

Dopo 16 mesi era autista di un grosso autobus per l’ ATV Azienda Trasporti Verona, lavorava a tempo indeterminato, aveva lasciato la casa dei suoi per trasferirsi in un monolocale. Oltre a questo era ben più forte, poteva portare la sua nuova ragazza in spalle senza troppa fatica per 2 piani di scale, prima di lanciarla sul letto.